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Capitolo I – RADICI TERRITORIALI: storie di appartenenza

11 Luglio 2018 | Giulia Donelli

La nostra storia ha radici lontane, anzi, sarebbe meglio dire antiche, eterne forse. Perché le radici sono sempre appartenute a questo luogo, hanno scelto di nascere e crescere qui, e non altrove, moltissimo tempo fa. 

Così la loro storia, la nostra, la storia delle origini della nostra comunità tanti anni fa è cominciata, in pieno medioevo, quando Milano è solo un villaggio, che la sera si chiude dentro le sue mura. E lascia fuori terre selvagge non ancora domate, paludi non ancora bonificate, animali selvatici e uomini non ancora considerati adatti a vivere con il resto del villaggio.

Non ancora. Non è ancora arrivato il momento giusto per creare una comunità, non è ancora accaduto che gli abitanti, tutti, e la flora e la fauna di questo luogo si riconoscano gli uni negli altri, tanto da costituire la propria identità proprio a partire da questo luogo. Manca ancora l’intervento di  un protagonista, insospettabile allora, ma oggi padrone delle sorti e delle fortune di questo luogo che è il suo regno: il Lambro. E la sua acqua, preziosa, fonte di vita e di idee per vivere e creare e crescere e svilupparsi. E’ l’acqua della terra, la stessa acqua che rende la terra una palude non coltivabile, fino a quando i monaci non s’ingegnano e scoprono un modo per controllarla. Sono gli Umiliati, che rivoluzionano l’agricoltura: con i fontanili regimano le acque sotterranee, bonificando la terra, con le marcite usano quelle stesse acque per moltiplicare la produzione dei campi. Così, tutto cambia: dalle terre lungo il fiume Lambro non si scappa più, ovunque nascono mulini e cascine e uscire da porta orientale del villaggio di Milano non fa più paura. Grazie agli Umiliati, frati dalle vesti nere, laici devoti, desiderosi di creare comunità

E nei campi i futuri padroni le creeranno, lungo il fiume: comunità agricole, le grangie. Monluè, Cavriano, Casanova, e poi la più grande di tutte, la grangia di San Gregorio, la nostra. Noi. Questo luogo, la nostra comunità, un unico cielo, libero, dal ponte del Lupo all’Acquabella, storie di villani e padroni che si disegnano come ombre all’orizzonte, un unico proprietario: l’Ospedale del Brolo. Terra che offre salute, che offre benessere, basta sapere a chi darla in mano.

Finché l’immenso patrimonio fondiario di Milano non verrà razionalizzato e le cascine di San Gregorio non verranno divise tra proprietari dai grandi nomi. E’ il diciassettesimo secolo e Federico Borromeo, Cardinale di Milano, personaggio potente e carismatico, durante una visita pastorale, attraversa i nostri luoghi e se ne innamora. Sta cercando un luogo in cui ritirarsi lontano dalle distrazioni cittadine per seguire i suoi pensieri. Questo posto ha lo spirito giusto, deve essere suo. Lo vuole al punto da indebitarsi per comprarlo. Qui Federico viene a meditare e a scrivere il “De villa gregoriana”, libro che dedica proprio alla sua dimora di campagna cantando il piacere del vivere semplice rispetto agli sfarzi di città. Qui, il piacere del vivere semplice, che oggi continuiamo a cercare di portare avanti, di recuperare, di offrire a chi chi arriva, curioso o disorientato. Qui, a partire da queste radici territoriali, offriamo la cultura del vivere semplice, come cinquecento anni fa il Cardinale provò a fare. Qui s’inventò di creare una biblioteca, grande e pubblica, dove i libri siano a disposizione di tutti: l’Ambrosiana, la prima biblioteca moderna al mondo, che Federico dona alla sua città.

Per assicurare lunga vita alla biblioteca, ecco come terra e cultura s’incontrano: saranno le rendite delle coltivazioni di San Gregorio a finanziare la biblioteca. Chi lavora la terra sostiene la cultura, per trecento lunghissimi anni, sotto la famiglia Cassina, che succede a Borromeo: non c’è distinzione, non c’è discriminazione, l’acqua, i fontanili, il verde, i campi, i libri e, soprattutto, le persone convivono, si rispettano, ognuno ha il proprio ruolo, ognuno dignità.

Il tempo non esiste, esiste solo un luogo, nutrito di cura e amore. E quando anche la seconda guerra mondiale metterà alla prova lo spirito di questo luogo, sarà il Conte Orsi Mangelli a prenderne la gestione e garantirne la sopravvivenza, senza modificarne il valore innato. Sono i cavalli a portarlo in Cascina Biblioteca: qui i suoi animali potranno godere di fieno abbondante per via dei fontanili e delle marcite. I cavalli, che ancora non avevamo nominato, nella nostra storia, ma che ne fanno parte, come l’acqua, il benessere, gli uomini, i libri e tutto il resto.

Chi arriva qui, in Cascina Biblioteca, entra dentro la storia di Cascina Biblioteca e la fa.

Entra dentro una comunità che respira gli stessi valori da tempo immemore. Valori coltivati, messi a punto, ragionati, ma soprattutto vissuti. Le “radici territoriali” è il primo che abbiamo scelto di raccontare, perché ci accomuna tutti in un modo ancestrale, ci accomunava prima che tutti noi venissimo al mondo.

Sono passati mille anni da quando la grangia di San Gregorio è stata divisa. Ma da qualche giorno  la cessione del contratto di locazione della Cascina San Gregorio Vecchio – che era il cuore della grangia- è stata data a noi. Mancano ancora altri passaggi, ma possiamo dire con orgoglio che da quel momento, da pochi giorni fa, la Grangia di san Gregorio è rinata.