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Il Ruolo della Cooperazione Sociale, in una nuova prospettiva di intervento

02 Ottobre 2017 | Valentina Mari

Durante il convegno sulla Legge 112/2016 sul Dopo di Noi è intervenuta Monica Villa, l’Assistente Sociale di Cascina Biblioteca.

Ecco il suo contributo molto interessante.

Ruolo della cooperazione sociale in una nuova prospettiva di intervento
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Osservare, ascoltare, immaginare, creare.
Quattro azioni che ben si conciliano con la Cooperazione sociale, con il fare
impresa sociale.
La parola Impresa richiama è un’azione, un’iniziativa importante e difficile.
Cooperare…lavorare insieme per un’azione concreta e importante, un obiettivo.
Obiettivo casa.
Non comunità, non residenza ma casa.
L’immagine di casa è semplice, ma spesso i significati semplici sono quelli che
sfuggono maggiormente.
La casa è il luogo del cuore, degli affetti, dove si è liberi di stare a piedi scalzi o
mangiare sul divano…
Casa non è “faccio ciò che voglio” casa è “ci sono e faccio quello che posso”
perché la casa sia accogliente, in ordine, un posto dove si respira serenità, e
soprattutto un posto dove stare bene.
La casa è un soggetto dinamico che muta al mutare delle esigenze di chi la
vive… pensiamo a come sono cambiate le nostre case negli ultimi 10 anni…
Sto parlando di case, non nello specifico di case di persone con fragilità…. In un
mondo ideale non dovremmo essere qui, non sarebbero necessarie leggi ad
hoc né convenzioni internazionali che ci richiamano diritti… ma viviamo nella
realtà… è bello ricordare che l’ideale è ciò che rende l’uomo capace di vedere
quello che non c’è….
Un tipo particolare di uomo è l’imprenditore sociale. La sua caratteristica
fondamentale è la facoltà di osare. Al mondo della Cooperazione viene chiesto
di “immaginare alternative” a volte viene chiesto di “andare nella direzione dei
sogni” … niente di più semplice….
Dietro a queste belle frasi c’è tanta fatica e tanta soddisfazione nel momento in
cui nasce una casa e soprattutto quando questa si dimostra una realtà stabile,
per le persone che vivono lì, per le famiglie che hanno creduto nel progetto –
anche mettendoci risorse proprie –, per gli Ads, per chi lavora al suo interno,
per le istituzioni che hanno contribuito a dare stabilità con politiche adeguate.
Progetto. E’ una parola usata sempre di più in contesti sociali ma è un concetto
di matrice aziendale. Il progetto è la pianificazione di azioni, per il
raggiungimento di un obiettivo in un tempo definito, gestendo e controllando le
risorse previste dal budget e misurando i risultati ottenuti.
Alla Cooperazione è stato richiesto di progettare, nuovi percorsi di sostegno
per persone fragili, e, nei nostri territori sono nate numerose esperienze
significative.
La Cooperazione ha un DNA specifico, che non si trova in altri ambiti: è la
capacità di incontrare le persone, conoscerle, immergersi nella loro vita e
trasformare tutto ciò nel nucleo di un progetto. Oggi la legge 112 ci chiede di
andare avanti. Osservare la realtà, facendo tesoro di quello che è stato,
vedere quello che ancora non c’è e trovare gli strumenti per realizzare questa
visione. Oggi siamo qui per conoscere uno strumento.
L’esperienza, maturata, anche grazie al lavoro quotidiano con le famiglie,
spesso riunite in associazioni o fondazioni, ci ha permesso di evidenziare alcuni
passaggi cruciali:
 Conoscere e ascoltare le persone con fragilità.
 Incontrare le famiglie, o gli Ads, e lavorare con loro costruire un
processo di fiducia reciproca. Accade che le famiglie, affidandosi, vedono
un figlio che non avevano immaginato per es. che fa la spesa da solo o
va a ballare con gli amici,… vive una vita che con mamma e papà non
vivrebbe…la fiducia reciproca aiuta a superare la parola “mai”
 Essere capaci di gestire l’aspetto economico: dare sostenibilità nel
tempo… la casa va costruita sulla roccia non sulla sabbia…
 Sapere dire no. E’ la responsabilità e la serietà di chi riconosce la
fragilità…non di persona ma di un progetto … Si vola ricordando la storia di Icaro… quindi si riprogetta, ci si pone altri obiettivi di lavoro con la
persona, con la famiglia, un nuovo orizzonte temporale…
 Ascoltare la voce dei tecnici: il prezioso lavoro pedagogico di tanti
operatori che rendono vivi gli spazi dedicati a persone con disabilità. Tutti
gli operatori perché, come la legge ci ricorda, bisogna tenere conto e
collegate tutte la fasi della vita della persona.
 Avere un rapporto diretto con le istituzioni perché il loro contributo è
contributo è fondamentale.
Una critica che viene spesso sollevata è: le cooperative sociali ragionano in
termini di budget.
Certamente! La buona cooperazione sociale, deve tener conto anche di questo
aspetto. Il budget è uno strumento richiamato dalla legge, uno strumento che
deve essere modellato sulla specificità di ogni persona.
E’ responsabilità della buona cooperazione sociale interloquire con i tavoli
istituzionali e politici: a loro si chiede uno sforzo affinché, la parola casa ormai
citata nelle normative, sia sinonimo di realtà e non teoria. Realtà fatte di
persone, di stanze dipinte di arancione e di operatori senza cartellino e senza
camice, di animali domestici e di – perché no – di feste fino a mezzanotte.
Di coppie, che chiedono ai propri operatori di riferimento, un supporto per
andare a vivere insieme.
Di chi, dopo aver sperimentato varie strade, vuole vivere da solo, con un
supporto educativo leggero.
Di chi vive una fragilità particolare e chiede un progetto adeguato alle proprie
esigenze.
LA STORIA
Quando una mamma testarda incontra la cooperazione sociale
Non importa dove si è svolta questa storia, importa il come.
Quando una mamma testarda incontra altre famiglie succede che mette a
fuoco il significato di “Dopo di Noi”. La figlia frequenta un cdd, gli altri figli
hanno costruito il loro percorso di vita.
Diritti, possibilità, sperimentazioni, liste di attesa. La mamma testarda si
informa, conosce, visita case. Condivide l’importanza del provare sia come
mamma sia come figlia l’uscita di casa.
L’esperienza è buona.
La mamma testarda vuole capire come trasformare l’esperienza in realtà
stabile. Si confronta con gruppi di famiglie, parla ascolta fa tesoro e …decide di
passare all’azione.
Chiede all’associazionismo familiare di farle conoscere alcune cooperative. Ne
sceglie una a cui si affida.
La Cooperativa: ascolta i desideri della famiglia e predispone un progetto.
Spiega alla famiglia la necessità di creare il gruppo, fornisce operatori che
iniziano a modellare l’anima della casa e entrano “in punta di piedi” nella vita
di questa persona il che significa prendere contatti i servizi diurni, parlarsi e –
cosa data per scontata ma non semplice – capirsi. Il progetto casa non è
staccato da tutto ciò che accade di giorno. gli operatori devono imparare a
lavorare insieme.
La mamma testarda non ha paura di parlare di risorse, anzi. L’aspetto
economico viene affrontato e analizzato. La mamma testarda decide di mettere
a disposizione un immobile di sua proprietà.
La cooperativa verifica che il progetto abbia le gambe…pedagogiche ed
economiche. Si interfaccia con l’ente pubblico. Spiega ed illustra i passaggi.
E’ una strada lunga.
Oggi la casa è una realtà, da tre anni.
La fatica è la gestionale è quotidiana. Le soddisfazioni pedagogiche tante.
E la storia continua… ogni giorno.
Milano, Monza e Brianza, Lodi. Sono tutti contesti territoriali ricchi di storie di
cooperazione.
Alla famiglie, alle persone fragili l’opportunità di scegliere, di conoscere, di
fidarsi e affidarsi alla Cooperazione Sociale, un punto di riferimento importante
e fondamentale per la realizzazione e la tenuta dei progetti.
La legge è uno strumento. Il punto di partenza, facendo tesoro di ciò che è
stato e immaginando altro, per creare nuove situazioni di vita. La via che ci
offre la legge è molto chiara: la collaborazione tra le persone fragili, le
famiglie, istituzioni, i tecnici, le imprese sociali.
E’ una sfida da raccogliere.
Diceva Einstain: Tutti sanno che una cosa è impossibile. Poi arriva uno che non
lo sa e la fa.
19.09.17
monica villa